Il luogo \ la storia

Stella tra passato e futuro
di Maura Cragnolini

Stella è un paese facente parte del Comune di Tarcento che si compone di 4 borgate: Malemaseria, il primo gruppo di case che si incontrano salendo, il borgo Pobra, che si raggiunge proseguendo sulla strada che porta alla Chiesa, borgo Mics, che si raggiunge girando a destra prima di giungere alla Chiesa e infine il borgo Stella detto anche Boreaniz. Qui si trova un luogo significativo per la storia di Stella, il sito su cui sorsero la prima chiesa e il primo cimitero della comunità. Si trattava di una piccola chiesetta di montagna abbastanza decentrata rispetto alle 4 borgate tanto da far pensare ad una cappella votiva eretta da profughi slavi in fuga. La prima intitolazione fu ai Santi Elena e Nicolò fin dal 1650 mentre ora e già dal 1765 fu dedicata a Santa Croce che si celebra il 14 settembre. Verso la metà del XIX secolo si decise di ricostruire la Chiesa e di farlo in un altro luogo, più grande e più accessibile, anche perché dal 1851 Stella divenne Curazia(1).

La scelta del luogo fu lunga e travagliata perché gli abitanti delle varie borgate la volevano ciascuno più vicino a sé. Alla fine si giunse ad un accordo e si scelse il pianoro chiamato “Ter” su cui sorge attualmente la Chiesa. Il progetto fu firmato da Girolamo d’Aronco di Gemona e i lavori iniziati nel 1871 terminarono nel 1878. Della vecchia Chiesa, campanile e cimitero non rimase più nulla se non le 2 piccole campane che vennero fuse in altre, trafugate come vedremo nel 1918. All’interno furono realizzati altari in marmo e diverse pale ed affreschi, andati quasi tutti perduti nel caos del terremoto. È gran vanto per la popolazione di Stella essere riusciti a recuperare una di queste pale, quella del Bianchini, che ora fa bella mostra di se nella nuova Chiesa ristrutturata nel 2002.

A proposito del terremoto bisogna ricordare che la Chiesa fu danneggiata gravemente e di conseguenza demolita. Al suo posto fu, da subito, eretto un prefabbricato in metallo ad opera di volontari provenienti dall’Italia, soprattutto da Verona, dall’estero e da Pocking nella Bassa Baviera.

Il cimitero segue strettamente la storia della Chiesa e i suoi spostamenti. È interessante ricordare che la comunità di Stella ottenne il permesso di seppellire i suoi defunti in loco solo nel 1778 perché facendo parte del Vicariatus sclaborum delle Ville slave insieme a Ciseriis, Zomeais, Coja, Sammardenchia, Sediliis, Lusevera (Villanova, Pradielis, Cesariis) era soggetta alla Matrice di Tarcento. Esisteva o meglio avrebbe dovuto trovarsi a Tarcento fin dal 1500 un vicario che sapesse parlare slavo e coadiuvasse il pievano nella cura delle anime delle ville poste in monte ma ancora nel 1607, anno del concordio, le ville slave erano sprovviste.

Tutte le ville dovevano contribuire al mantenimento del vicario e del cappellano con generi alimentari (conzi di vino, cereali, formaggi, burro, etc.) anche se dal concordio del 1607, già citato, ne venivano esentate per l’estrema condizione di povertà. La stessa situazione si rileva dall’esame del Catasto austriaco del 1827, un questionario che veniva spedito in tutte le zone soggette all’Impero per verificare la situazione socio-economica del territorio e che ora si conserva presso l’Archivio di Stato di Venezia. Dal questionario risultava che le ville slave si trovavano in territorio ‘impervio e difficile’ ed erano fin dai tempi del Patriarca esenti dal pagare tasse e quartesi per l’estrema indigenza degli abitanti che vivevano di allevamento e agricoltura di sussistenza sfruttando quando potevano anche i beni comunali, appezzamenti di terreno o bosco concessi dai feudatari o dal comune all’uso libero delle comunità.

Uno dei punti di riferimento del paese è il campanile, Monumento Nazionale ai Caduti di tutte le guerre. La prima torre era una semplice intelaiatura in legno, che sosteneva le campane, poi sottratte dalle truppe austro ungariche in fuga nel 1918. La popolazione con grande sacrificio riuscì a comprarne altre 3 dopo aver ricevuto il benestare dall’Opera di soccorso delle Chiese rovinate dalla guerra con sede in Venezia da posizionare sul nuovo campanile iniziato nel 1921. Dopo grande attesa le campane tornarono a suonare a Stella fino al 1942 quando, come nella I Guerra Mondiale, furono requisite per motivi militari.

Di nuovo la popolazione si sacrificò per riavere le sue amate campane che furono inaugurate, insieme alla laboriosa costruzione del campanile, nel 1949. Il materiale sassoso fu recuperato in una cava in zona Tasapatoch in borgo Pobra mentre la sabbia veniva portata a spalla, anche dai bambini, con piccole gerle (i cos) da Zomeais. Tutti erano coinvolti nella costruzione sia con denaro che con lavoro in proporzione alle possibilità fisiche ed economiche. Vennero creati diversi comitati pro erigendo campanile per suddividere ed organizzare il lavoro. Solo se strettamente necessario venivano interpellati operai specializzati mentre tutto quello che si poteva si faceva in loco con forza lavoro autoctona. Possiamo ben dire che ne è valsa la pena visto che il risultato della fatica, della tenacia e dell’amore degli stellani per la loro comunità è ancora ben visibile e in buono stato di conservazione visto che ha retto all’urto del terremoto pressoché senza danni.

La prima torre era una semplice intelaiatura in legno, che sosteneva le campane, poi sottratte dalle truppe austro ungariche in fuga nel 1918. La popolazione con grande sacrificio riuscì a comprarne altre 3 dopo aver ricevuto il benestare dall’Opera di soccorso delle Chiese rovinate dalla guerra con sede in Venezia da posizionare sul nuovo campanile iniziato nel 1921. Dopo grande attesa le campane tornarono a suonare a Stella fino al 1942 quando, come nella I Guerra Mondiale, furono requisite per motivi militari. Di nuovo la popolazione si sacrificò per riavere le sue amate campane che furono inaugurate, insieme alla laboriosa costruzione del campanile, nel 1949. Il materiale sassoso fu recuperato in una cava in zona Tasapatoch in borgo Pobra mentre la sabbia veniva portata a spalla, anche dai bambini, con piccole gerle (i cos) da Zomeais.

Tutti erano coinvolti nella costruzione sia con denaro che con lavoro in proporzione alle possibilità fisiche ed economiche. Vennero creati diversi comitati pro erigendo campanile per suddividere ed organizzare il lavoro. Solo se strettamente necessario venivano interpellati operai specializzati mentre tutto quello che si poteva si faceva in loco con forza lavoro autoctona. Possiamo ben dire che ne è valsa la pena visto che il risultato della fatica, della tenacia e dell’amore degli stellani per la loro comunità è ancora ben visibile e in buono stato di conservazione visto che ha retto all’urto del terremoto pressoché senza danni.